Amo gli animali fin da bimba, purtroppo non mi era permesso averne, ma salvavo i topi dalle cattive intenzioni della mia famiglia, dopo aver dovuto assistere all’uccisione di uno di loro, e per delicatezza vi risparmio la memoria indelebile che porto con me da circa 55 anni.

Fortunatamente poi negli anni ho avuto degli animali domestici, mi sono attivata per la loro difesa fin da ragazza, e possiamo dire da bimba, e con gli anni sono naturalmente diventata vegana e mi chiedo come tutti: perchê non lo fatto prima? Qualche risposta ce l’ho: anemia! Mi raccontarono la favola del ferro e della carne o sarei morta. Poi feci le mie ricerche e scoprii la menzogna colossale. Ma almeno i miei genitori lo facevano per amore… Ma come la mettiamo con i veterinari?

Come può essere che chi sceglie di fare il veterinario, una professione che dovrebbe essere dettata dall’amore, o per lo meno dall’empatia e dal rispetto per gli animali, si comporti così? È possibile che la passione per il lavoro e il dovere di applicare la legge vengano meno a favore di interessi personali o di silenzio complice di fronte alla sofferenza?

Eppure, quando parliamo di animali, di benessere animale, di maltrattamenti, il veterinario dovrebbe essere il primo a intervenire. E invece, troppo spesso, assistiamo a un distacco totale, come se gli animali fossero solo oggetti, e non esseri viventi che meritano attenzione, rispetto e protezione.

Gli episodi che dovrebbero farci riflettere

Assistiamo continuamente a troppi episodi che sollevano tante domande, scomode per i più, ma necessarie. Alcuni di questi episodi sono talmente emblematici che diventa difficile rimanere in silenzio, ne riporto alcuni esempi che conosco:

Il sequestro di Casaluce, che due anni fa ha visto il recupero di 450 cani da un allevamento, in condizioni pietose. Un caso che ho vissuto personalmente, dove ho visto con i miei occhi come gli animali venivano trattati. Un sequestro che avrebbe dovuto scuotere tutti, ma quante volte i veterinari sono passati senza intervenire prima?

Le cavie nei laboratori, come nel caso dei laboratori di Catanzaro, dove gli animali sono utilizzati in esperimenti crudeli e senza pietà. Che fine ha fatto l’empatia per queste creature? È possibile che questi professionisti non siano in grado di vedere la sofferenza sotto i loro occhi?

Gli allevamenti intensivi, una realtà che i veterinari conoscono molto bene, dove le condizioni di vita degli animali sono semplicemente inaccettabili. Come possono guardare e tacere? Non è questo tradire la propria professione?

Il caso della peste suina: I veterinari sono chiamati a intervenire, ma invece di fermare la diffusione del virus negli allevamenti, alcuni sembrano più concentrati nel fare il lavoro sporco, come nel caso della gestione della peste suina e l’uccisione a freddo, senza alcuna anestesia dei 9 carinissimi maiali sani nel santuario “Cuori Liberi“! Entrati con la forza e la complicità della polizia e uccisi senza pietà. Nel video documentario si vede la crudele esecutrice, una donna oltre tutto, se così possiamo definirla e che mi rifiuto di chiamare veterinaria, esultare ad alta voce “ce l’abbiamo fatta”! Mentre le stesse persone, che di professionale hanno ben poco, quando vanno negli allevamenti, proprio dove la malattia nasce, continuano a tacere. Perché?

Perché non denunciano?

In tutte queste situazioni, la domanda che sorge spontanea è sempre la stessa: perché non denunciano? Perché, invece di alzare la voce contro il maltrattamento e la crudeltà, troppi veterinari chiudono gli occhi o, peggio, si rendono complici? Cosa è successo alla deontologia professionale? Il loro lavoro non dovrebbe essere quello di proteggere gli animali e garantire che vengano trattati con rispetto, non solo da un punto di vista medico, ma anche etico e legale?

Volontari: è davvero il momento di “fare pappe e ciccia”?

E i volontari, quelli che si prodigano per gli animali, che cosa dovrebbero fare? È giusto continuare a collaborare con chi ha dimostrato, più volte, di non avere a cuore né la salute degli animali, né il rispetto per la legge? Perché c’è chi si è lasciato sedurre dalla comodità di collaborare con i veterinari, pensando di poter aiutare gli animali, ma in realtà sta semplicemente contribuendo a perpetuare un sistema che non fa altro che favorire lo sfruttamento. È giusto che i volontari facciano “pappa e ciccia” con chi è parte del problema? La domanda è se sono consapevoli di ciò che stanno facendo: danneggiando ulteriormente gli animali che vogliono aiutare?

I paradossi della professione veterinaria

In tutta questa riflessione, un altro punto fondamentale è: i veterinari, come i medici, sono davvero spinti dal rispetto per gli esseri viventi? Perché se così fosse, non dovrebbero solo “curare” ma dovrebbero fare molto di più: dovrebbero lavorare per prevenire, per educare, per fermare la sofferenza prima che inizi. Questo non significa semplicemente occuparsi della parte “tecnica” della professione. Significa assumersi la responsabilità di essere il primo baluardo contro la crudeltà e lo sfruttamento.

Alla fine, la domanda più importante resta una: com’è possibile che chi ha scelto di dedicarsi agli animali, decidendo di diventare veterinario, non abbia più né amore per loro né rispetto per la legge? Non è forse questo un tradimento? Come può un veterinario accettare la sofferenza, l’abbandono e la violazione della legge, quando sarebbe proprio lui a dover fare la differenza?

Non si tratta di accusare, ma di fare domande. Di chiedersi se quello che sta accadendo è davvero ciò che vogliamo come società. Non possiamo chiudere gli occhi, non possiamo fare finta che vada tutto bene. Gli animali sono esseri senzienti e meritano rispetto, ma lo stesso rispetto dovrebbe essere dato anche alla legge e alla professione che i veterinari hanno scelto di esercitare.